La Porta di Capodimonte era stata costruita nel 1335 da Nicola Bonderuolo, secondo una lapide che ivi si trovava, e restaurata nell’ultimo scorcio dello stesso secolo con le multe dei mercanti anconitani che erano incorsi nella scomunica per aver commerciato con i Turchi senza averne avuto la facoltà.
Nel settecento era stata trasformata nella sua facciata verso l’esterno cosicché a chi veniva dal Piano San Lazzaro si mostrava non tanto semplice porta di città, quanto arco celebrativo.
La struttura trecentesca era stata infatti rivestita con un nuovo strato di muratura in cotto che formava lesene, riccioli, cornici secondo la tipologia delle scenografie dell’epoca. Solo sul fronte verso la città era stato conservato a vista il grande arco a tutto sesto, più alto di quello che formava l’effettivo ingresso.
Fino alla sua demolizione, avvenuta nel 1945 dopo i danni bellici, rimasero gli anelli in pietra per l’alloggiamento dei cardini delle porte, i fori per i travi che sorreggevano il solaio in legno per il servizio di sorveglianza e le tracce delle pitture eseguite in memoria dell’assedio del 1414.
Rappresentò, sino al 1789, l’ingresso principale della città; in quell’anno, con l’inaugurazione di Porta Pia, perdette questa funzione.

Dopo la ‘memoria” degli edifici più rappresentativi spariti nel corso dei tempi, è doveroso ricordare quello che ancora qualifica la zona: la Rocca di Capodimonte o Cittadella.
La fortificazione fu realizzata per disposizione di Clemente VII su disegni di Antonio da Sangallo il Giovane; iniziata nel 1532, fu completata nel 1543 sotto Paolo III.
Tipico esempio delle fortificazioni cinquecentesche, la sua esecuzione e le opere di adattamento alle nuove tecniche offensive e difensive portarono il loro negativo contributo allo stato dei luoghi, prima quando venne realizzata, poi nei secoli successivi.
Le sue strutture sono in cotto con elementi decorativi e funzionali in pietra; altri elementi decorativi aggiunti, quali le lapidi che ricordavano i diversi momenti di realizzazione ed i personaggi ad essa legati, queste sono state scalpellate durante l’occupazione francese alla fine del Settecento.
Le cortine sono legate da bastioni ed erano dominate da un maschio ora non più esistente. Per la sua ubicazione, controllava agevolmente la città, il mare e la campagna circostante, per un larghissimo raggio.
Alla Cittadella, nel 1550, fu aggiunto il Campo Trincerato, su progetto di F. Paciotto, “ingegnero del Duca d’Urbino”; G. Fontana completò il complesso con la cosiddetta “Tenaglia”.
Le mura dell’ampliamento ottocentesco della città, che dal Monte Cardeto scendevano nel Piano degli Orti, correndo circa sul lato est della Piazza Cavour attuale, risalivano l’Astagno fino ad incontrare il Bastione di S.Giacomo, appartenente al Campo Trincerato. La Lunetta di S.Stefano è poco più lontana. Delle mura sono rimasti pochi avanzi, parte conglobati in edifici privati e parte in giardini, pure privati, a fare da divisori di proprietà.
È in corso il suo recupero al pubblico godimento dopo la lunga parentesi militare: nonostante le mutate e diverse esigenze della difesa, ancora le strutture sono tutelate dal vincolo militare. Tuttavia è stato aperto, nell’interno del complesso, un parco pubblico, primo passo di futuri usi civili e culturali, dotando cosi la zona di Capodimonte di un valido polmone verde. (ricordiamo che il testo è tratto da un libro pubblicato nel 1979).

Da “Ancona dentro le mura” di Vincenzo Pirani – Bagaloni Editore – Ancona 1979