Se nun zai el zignificato dele parole de vernaculo ancunetano (e ‘ncora quele del circundario campagnolo), è ora che te trovi intéi mercatini de libri el “Diziunariu del vernaculo ancunetano ” de Mariu Panzini (ntéle librerie me sa che ormai nun ze trovane più).
(il poeta in una caricatura del pittore Emo Pandolfi)


U L T I M E R I V A T E

BARIGÈLO = è il nostro notissimo popolano-filosofo; di lui non sono noti i dati anagrafici; molti anzianine ricordavano il nome in modo impreciso (Giovanni o Giuseppe o Matteo) ma non il cognome, attestando però che era di origini contadine, delle parti di Candia, e che era nato nellpultima decadedel secolo scorso (fine ‘900) – mio padre, mio zio ed altri mi hanno attestato che gli anconitani gli affibbiarono il soprannome mutuandolo da Bargèlu (forse per dileggio) perché egli da giovanetto aveva lavorato come impiegato civile alla Regia Questura di Ancona; poi lavorò come fornaio e infine aprì un piccolo mulino vicino allo spiazzo del Muntirozzu (zona ex gasometro). Oltre al più famoso “A discore n’è fadiga“, coniò diversi motti diventati veri e propri proverbi: “A murì e a pagà viè sempre a tèmpu – Aqua e chiàchiere nun fà fritèle – Tantu è fàta a fa’ i fighi! – E’ fadiga a magnà la merda – E cus’è, t’ha scasatu el cervèlu ? – Nun è dolce i lupini – Nun è nòte a Cinguli! – Napuglio’, quél che nun pudéva ranfà el rigalàva – Quel che nu’ strozza, ingrassa – Si mi’nòna ciavéva le ròte, a st’ora era ‘n cariolu


ALMÀNCU = almeno, per lo meno, in mancanza di meglio

ĀZZIGA = uccello da richiamo in genere, ed in particolare la civetta – lusinga, allettamento, stimolo, incitamento, istigazione – dà l’àzziga, favorire apparentemente in un gioco l’avversario per poi superarlo e vincerlo (in particolare a carte o a biliardo) – eccitare una persona o un cane (per lo più il cane da caccia)

BECURILU = il beccuccio di una brocchetta, ampolla, caffettiera o teiera – “cià ‘l nasu che pare un becurilo” si dice di naso piccolo e grazioso – “è ‘n bèl becurilo” si diceva di un uomo tradito dalla moglie ma una sola volta

BOTARŌLU = l’odiato pescatore di frodo, che usa bombe rudimentali in superficie od in profondità, facendo strage di pesce

CAZZACĀ = (è una delle nostre voci più antiche) – Contratto di locazione a canone bloccato, quasi simile a quello ad “equo canone” (legge del 1978) – Radice ebraica gazzagà (jus): nel 1559 Papa Pio IV, poiché gli ebrei non potevano possedere beni immobili, concesse loro il diritto (jus) di perpetuo inquilinato (gazzagà) con canone invariabile, onde evitare che il proprietario-locatore dell’immobile lo aumentasse continuamente a suo piacimento – “Nu’ stàgu a cazzacà” veniva detto da chi doveva corrispondere un elevato canone di locazione

CIGAGNÒLU-ÒLA = persona dedita al bere (vino e altri alcoolici) – Es. “pròpiu ‘na bèla famiglia! lu’ sempre imbriàgu dųru, e lia ‘na cigagnòla”

CUCALE = uccello, gabbiano comune – sincope di crocàle – in buranello (vernacolo di burano) cucàl’

CROCĀLE = uccello, gabbiano – probabile onomatopèa dal grido del volatile o probabile dalla lingua greca kroke (lido, come habitat del gabbiano)

CUDERIZZO = coda – il còccige, l’ultima vertebra dei mammiferi – il sedere umano (è detto così soltanto ironicamente, specie se è minuto) – una delle punte dello sfilatino o di altro pane di forma oblunga, o del cornetto di pasta dolce

CUGELÉSCIU = epiteto o soprannome dato a persona diffamatrice – sincrési di cùge (cià la léngua che tàja e cųge) e di lėscia (nel senso di facile) – ascoltata nel 1998 detta da una ragazza di un’altra ragazza

CURBÈLO = pesce, ombrina – 20/60 cm., argenteo, strie oblique azzurro cupo, comune da noi, ha carne molto pregiata

CURBÈLA = piccola cesta di vimini di forma bislunga, usata dala “tricula” per portare al mercato le verdure e la frutta

ERBA SCUREGIŌLA = vilucchio – pianta a foglie alternate in due serie, picciolate, larghe, a forma di freccia verso l’apice – il nome le deriva certamente dal fatto che essa veniva data ai bovini come lassativo, ma va detto che i ragazzini di una volta ne tendevano con le dita una foglia e quindi vi soffiavano forte, producendo un rumore simile al peto

DISDUSSĀ = disossare, spolpare – “mé sèntu disdussata/u” è detto da chi si sente debilitato fisicamente – “m’ha disdussātu” riferita ad una donna, lo diceva l’uomo da lei fiaccato con molteplici rapporti sessuali; lo dice anche un genitore riferendosi ad un suo familiare che gli è costato moltissimo

FUDRÉTA = piccola fodera per cuscino – federa

GĀNGANU = il perno di ferro su cui si infila e ruota la ghiera di un porta, di una finestra, di uno sportello, di un coperchio di cassa o di cassone

GARGALÒZZU – gola, gozzo, pomo d’Adamo – “rimpisse el gargalòzzu” sta per mangiare a crepapelle

INAQUARE = allungare con acqua, per lo pių il vino – “sei inaquarito cum’él lāte” sei proprio uno stupido – “té s’è inaquarito el cervèlu?” sei diventato matto?

LUMINÈLO = il lucernaio delle scale – la piccola finestra che dà sui tetti (è per lo più quella della mansarda)

MANTINĖCHIA = martinetto o martinicca, freno a ceppo azionato da una grossa vite girata con la manovella – il termine ha avuto una mutazione della prima N in R, cioè MARTINĖCHIA – termine proprio del contado di Candia, Montesicuro, Paterno, Sappanico e Gallignano

INCUTIGHITO = diventato rigido come la cotenna di maiale – si dice di persona di poca intelligenza

MARMISSE = infreddolirsi – giàciu marmétu, si dice di persona assai infreddolita, con il corpo o parti del corpo ghiacciati

MUNGANA = la vitella che inizia ad avere il latte, è detta anche vàca mungàna – da mógne (vernacolo contadinesco)

NCANNA’ = incannucciare, sorreggere piante con canne (pomodori, fagiolini, melanzane, ecc.) – il suono della n iniziale è appena percepibile

PARNĀNZZA = grembiale prevalentemente usato dalla donna, specie per i lavori domestici, rettangolare, solitamente di cotone, che copre il corpo nella parte anteriore dal petto alle ginocchia

PAPAGNŌCU = la maschera anconitana per eccellenza, creata verso la metà del’800 dal burattinaio anconitano Napoleone Breccia Rumori ed attiva sia come maschera carnevalesca sia come pupazzo per teatrini di burattini fino al 1861, quanto fu abolita (unitamente alla maschera Burlandòto che nelle rappresentazioni ne era la spalla) con decreto del Regio commissario per le Marche Lorenzo Valerio. Da scritti di Giangiacomi e Schiavoni si desumono queste caratteristiche: contadino inurbato, casacca grigia e pantaloni grigi alla zuava, grosso fazzoletto rosso attorno al collo, cappellaccio nero a falde larghe, scarpe grosse, rozzo e burbero, spaccone. La sua arma emblematica è un grosso bastone, che egli rotea in continuazione per punire metaforicamente il malcostume – È anche una commedia in 3 atti di Renato Mele, scritta nel 1979, inedita.

PIĀTULA = insetto, piattone, pidocchio del pube – seccatore, molestatore asfissiante, persona che si lamenta in continuazione e per lungo tempo (per lo più il bambino) – “ma va’ a fa’ ride le piàtule” si diceva, più o meno benevolmente, a chi avesse detto una enorme sciocchezza od avesse avuto intenzione di commetterla

PIMPIRIMPĖTA-U = agghindata-o, in ghingheri; persona che si dà importanza, che si dà le arie

PINCIGARÈLU = pianta e frutto, cardo selvatico. Pianta mediocre, grande e robusta, contenente succhi amari, ricoperta di lanugine biancastra, con foglie grandi acute e spinulose; fino a una sessantina di anni fa proliferava in tutta la zona del Cardeto. Chiamato anche ‘scarciòfulo d’i puréti’, il ceppo e il fiore, di sapore stomachevole, venivano cucinati in casseruola e costituivano il pranzo o la cena dei più poveri

RASPÌ – irritazione in gola, faringite – “ciò un raspì ntél gargalòzo che nun me da pace”; usato anche come soprannome per un uomo di piccola statura sempre a caccia di donne a prescindere dalla loro bellezza o anche ad un uomo estremamente pignolo

RINÀCIU = rammendo, rattoppo, da cui derivano il verbo RINACIÀ e il mestiere dela RINACIATÓRA

RIVERZZÌNA = rimboccatura del lenzuolo – “s’é tacato ala riverzìna” si diceva di persona morente, come per non voler abbandonare la vita…

SGARBUNĀTA = l’insieme di baci, carezze, palpeggiamenti tra una coppia di innamorati, di nascosto, e senza pervenire al rapporto completo – Origine ignota, ritengo che possa essere fatta risalire a Carboneria, la setta segreta fondata a Napoli verso il 1819 con ideali ed intenti liberali, che contribuì molto dal 1821 al 1832 all’espandersi in Italia dei moti rivoluzionari, partendo proprio da Napoli contro re Ferdinando I; il nome aveva relazione con le riunioni segrete svolte nelle carbonaie da “apprendisti carbonai” e da “maestri carbonai”, con le finte vendite e consegne di carbone e con gli indumenti da carbonaio – Modi di dire: semo andati a sgarbunà’ dietr’a la Furtézza

SBACILÀ – lambiccarsi il cervello – così si dice SBACILÓ di uomo molto pensieroso e preoccupato

SMUGINĀ = rovistare nelle cose – mescolare, rimescolare cose

ZZĖNALE = grembiale simile alla parnànzza, ma che copre soltanto il petto e lo stomaco